Di “crossmedialità” si parla solitamente in riferimento a un contenuto passibile di essere fruito su diversi mezzi o piattaforme. In comunicazione, una campagna crossmediale si caratterizza per utilizzare insieme diversi media, dando così maggiore forza al messaggio che si intende comunicare. Si tratta di una modalità di comunicazione sempre più diffusa, anche in seguito allo sfumarsi delle differenze fra la comunicazione cosiddetta “above the line” e quella “below the line”, di cui abbiamo avuto modo di parlare in un precedente post. Raramente, ormai, si attua una campagna di comunicazione sfruttando un solo medium: la regola è quella di diffondere i contenuti attraverso molteplici mezzi di comunicazione sia tradizionali – affissioni, annunci stampa, spot televisivi – sia di nuova generazione, come il web, i social media, gli smartphone.
Tuttavia, l’evoluzione tecnologica ha coinvolto in Italia solo le grandi realtà produttive e solo le generazioni più giovani. Esiste, perciò, la necessità di adeguare il mercato del lavoro ad un approccio tecnologico più moderno, inserendo le nuove funzionalità che il mondo crossmediale porta con sé.
Le competenze che attualmente sono parcellizzate in singoli settori professionali (tv, internet, editoria..) devono convergere verso figure professionali capaci di mettere in relazione le specificità di mondi diversi che comunicano tra di loro.
Dalla crisi strutturale in cui si trova attualmente il mondo occidentale si uscirà passando inevitabilmente ed inderogabilmente per una ristrutturazione del mondo lavorativo che consenta di colmare il gap del digital divide, ovvero il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione (in particolare personal computer e internet) e chi ne è escluso, in modo parziale o totale.
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